
12 Apr Massimo

Vernazza
“Siamo fatti per camminare: se sei alto un metro e settanta, 85 cm sono di gambe. Negli
altri 85 c’è tutto il resto, cuore polmoni reni testa. Ma 85 sono di gambe. Siamo fatti per camminare.
Per me gli aerei, quelle robe lì, potrebbero anche sparire domani. Quando parti a piedi, il viaggio inizia appena chiudi la porta di casa. San Francesco i suoi piedi li chiamava ‘i miei cavalli’.
Quando arrivi in un posto dopo una lunga camminata stai bene in una maniera che… non è che non sei mai stato così bene, ma bene in quella maniera lì, mai.
Ho iniziato a camminare nel 2009, per un bisticcio.
Sono salito al santuario di Reggio. Generalmente se litigo con qualcuno non gli parlo almeno per una settimana. Quel giorno invece dopo tre ore sono tornato giù e ho detto a mia moglie: ‘Mi dispiace’. Lei mi ha risposto: ‘Ma no dai, era colpa mia’.
Solo che dopo un po’ che camminavo, mi sentivo male a essere costretto a dover girare i tacchi e tornare indietro. Io, volevo continuare.
La prima volta è stata al Gottero: per arrivarci ci vogliono tre giorni. Ci sono già stato tre volte.
Poi ci ho preso gusto: Francigena fino a Roma, poi a Foggia, fino a Troia, che io pronunciavo all’inizio con l’accento sulla “i”, per timore di sembrare maleducato. Un giorno stavo facendo il bagno in un fiume, mi sento urlare da una finestra: “Francigeno! Che fai? Se vuoi qui c’è un piatto di pasta per te”. Mi sono seduto al tavolo alle 2 e ho finito di mangiare alle 7.
Ho pianto due volte camminando: la prima a Varazze, quando dal Beigua ho visto tutta la Liguria; la seconda quando sono arrivato in Spagna. Mia figlia non c’è più, ma è nata lì.
Il confine tra Spagna e Francia è una lama di pietra, è fisico, lo senti nella pelle.
Da un paio d’anni ho iniziato a fare anche l’autostop. Lo facevo anche da ragazzino, ma farlo a 60 anni è straordinario.
Lo sconosciuto è una delle materie prime migliori del mondo”
“Questo è l’unico virus che si è visto alle Cinque Terre.
L’ho installato sulla spiaggia durante la quarantena. C’erano questi tronchi, li ho legati insieme, e poi un pezzo per volta ho aggiunto delle stoffe rosse che trovavo in giro per il paese. La gente aveva paura a toccarlo, temeva di ammalarsi.
Poi, il mare ha portato questo magnifico tronco di 15 metri. Gli altri non volevano, ma io mi sono intestardito per tirarlo su. Gli abbiamo messo una bandiera gialla che è quella della quarantena dei pirati. Ci ha aiutato anche il sindaco, che è esperto in nodi.
Nel trascinarlo, il tronco aveva fatto un semicerchio sulla spiaggia, allora io ci ho fatto una falce e martello gigante. Il martello era un po’ sproporzionato, ma nel complesso ne sono entusiasta.
Durante la quarantena ho perfezionato la mia abilità a suonare il piano. Bach, soprattutto. Un cliente mi ha regalato questo pianoforte, il primo l’ho perso nell’alluvione del 2011. A imparare c’ho messo… guarda, non so quanto c’ho messo.
La sera chiudevo la saracinesca del bar e suonavo per ore.
La prima volta che sono riuscito a fare tutta la prima Sonata non ci credevo. Una signora del paese il giorno dopo m’ha detto: ‘Maledetto, m’hai fatto piangere. Erano mesi che ti sentivo strimpellare da dietro la saracinesca, e ieri quando ho sentito che c’eri finalmente riuscito mi sono commossa’.
Io rimpiango la fase 1 del lockdown. Non mi sono mai sentito così libero in vita mia”.