
12 Apr Lino

Vernazza
“Ho iniziato a nuotare in mare a 4 anni.
Dal ’75 in poi ho allenato tutti i grandi campioni del nuoto italiano, la Calligaris, la Pellegrini, Fioravanti, Paltrinieri.
Sono stato alle Olimpiadi di Los Angeles, nell’84. Alla cerimonia d’apertura mi si vede vicino alla bandiera, camminare un po’ in disparte. Fa parte della mia natura.
Quando ero a Sturla, nel ’75, mi accorsi che il nuoto era l’unico sport in cui non esistevano gare per i senior: allora creai la prima gara “Master” d’Italia. La chiamai ‘Il raduno delle vecchie glorie’, e istituii categorie divise per età, di 5 anni in 5 anni. Come mi è venuto di chiamarla “master”, poi? Ero a Vernazza, allo scalo, quando ho visto un vecchietto in una barchetta a vela. La barca si chiamava Master: mi è sembrato un appellativo più rispettoso di ‘senior’. ‘Ecco il mio nome’, pensai. Venne fuori che l’intuizione era azzeccata: quel nome e quella divisione ora è diffusa in tutta Italia, e in tutti gli sport.
Per gli Europei di Dubrovnik del 2008 volevano farmi allenare la nazionale di fondo a Roma. Ad agosto.
Chiamai in Federazione e dissi: ‘Io non mi muovo da Spezia, se volete venite voi qui’. Alla fine, vennero loro. Mi feci dare la piscina della Venere: stavamo tutti al Jolly Hotel, li portavo tre volte alla settimana a nuotare in mare a Vernazza. In mare non ci sono le corsie, devi abituarti a prendere dei riferimenti: qui era il Gigante. Facevamo avanti e indietro un paio di volte al giorno.
Spesso il nuoto di fondo è considerato una disciplina per nuotatori di serie B, per quelli che non ce la fanno a essere competitivi in vasca, ma la verità è che è un modo di nuotare totalmente diverso. Come tutti, andavamo in altura per aumentare i globuli rossi, poi però non c’è uno stile uguale agli altri di nuotare, il lavoro è sempre individuale, sulla persona. Io ad esempio di mio ho l’ematocrito a 50, per quello sono sempre in movimento.
Si può nuotare ovunque: in Argentina, nuotavamo anche nei fiumi.
Ho smesso di allenare nel 2016. Mi mancano l’odore del cloro, il rituale della svestizione.
Sono vivo grazie alla pigrizia. Ho nuotato ovunque, avevo dei buoni numeri: ho vinto i mondiali militari, nei 1.500 e 400 misti. Mi sono guadagnato la Nazionale così. Nel 1966 però non mi ero preparato a sufficienza, e non fui convocato per il meeting di Brema. Il volo che li portava si schiantò a terra in fase di atterraggio: morirono tutti i 46 passeggeri, e tutti i miei compagni della Nazionale italiana. Fu la Superga del nuoto.
Grazie al nuoto, ho visto posti in momenti storici: in Germania Est, mi vennero ad accogliere all’aeroporto a Lipsia e da lì non mi mollarono mai nemmeno un secondo. Mi avevano assegnato come accompagnatore uno che diceva di essere allenatore, ma che era evidente che non aveva mai messo un piede in piscina in vita sua.
I nuotatori tedeschi erano fortissimi a quell’epoca.
Ogni tot interrompevano l’allenamento per bere dei succhi di frutta che a me non offrirono mai. Erano tutti molto gentili però, ogni giorno mi chiedevano: “Dicci cosa vuoi fare oggi, qualsiasi cosa”. Espressi un solo desiderio: mi feci accompagnare a vedere un campo di concentramento, a Buchenwald. Di tanti ricordi sfocati, uno rimane nitido ancora oggi: quando vidi i paralumi fatti con la pelle umana.
Richiamo alla mente con particolare piacere gli anni all’Indiana University, per una combinazione di fattori: ero molto giovane, e fui ospitato nel college femminile. Erano gli anni di Spitz, che ci è venuto anche a trovare, ma non è il ricordo che preferisco di quegli anni.
In Cina andammo nell’84: Pechino, Shanghai, Chengdu. Era la Cina dei documentari di Antonioni, tutti in bici e con le uniformi. Mi dissero che stavano definendo un contratto con un allenatore della Germania Est, non a caso. Divennero tra le nazionali più forti al mondo poco dopo.
I succhi di frutta erano arrivati anche lì”.