
18 Mar Bruno

Monterosso
“Per 40 anni ho fatto il più bel mestiere del mondo: il bagnino. Certo, per arrotondare, facevo anche il pescatore. Ma d’altronde, chi non ha mai fatto il pescatore a Monterosso?
Quando c’erano le serate pescose si tirava su tutto quello che si poteva, poi spesso non riuscivamo a venderlo perché in paese non c’era abbastanza domanda. Come vuoi che sia venuta fuori sta cosa delle acciughe salate? Avevamo tutti le cantine piene d’acciughe in inverno. Lo chiamavamo proprio così: il pane dell’inverno.
Non ho studiato, ho fatto la quinta elementare, ho rilevato un bagno nell’80, era messo male perché ogni mareggiata il mare portava via tutto. L’abbiamo rimesso a posto.
Mi sono messo a scrivere da 4-5 anni, principalmente in dialetto, perché è la mia prima lingua. Ho iniziato per via di mia moglie.
Come l’ho conosciuta? Beh, un luglio di tanti anni fa è arrivata in vacanza dall’Olanda ed è rimasta fregata.
A quei tempi là non era mica come adesso: venivano poche ragazze, ogni straniera che veniva era una guerra.
Appena la lasciavi un attimo ci andava qualcun altro a parlare. Le ragazze del posto non potevi toccarle perché sennò le dovevi subito sposare. Lei ha fatto l’errore di tornare a settembre ed è andata com’è andata.
Ricordo ancora la prima volta che l’ho vista: era davanti a Cigolini con una sua amica, e io con un mio amico. Ci siamo messi delle campane al collo e le abbiamo fermate, parlando in un francese arrabattato, tanto gli olandesi parlano un po’ di tutto. La sera ci siamo rivisti al Gypsy, dove io facevo un po’ di disc jockey. Cosa mettevo? Di tutto. Un buon dj deve capire da chi balla cosa gli piace, non cosa piace a se stesso. Oggi son tutti egoisti, ognun fa le cose per sé.
Erano altri tempi, non si bevevano tutte ste cose di adesso, c’era solo un vino, IL vino, senza solfiti e ste robe qua. Ti ubriacavi la sera, andavi a dormire e la mattina dopo ti svegliavi bello tranquillo.
Ci siamo sposati 5 anni dopo, in Olanda, la cosa aiutava anche per i permessi di soggiorno che erano un casino. Tanto, guarda, non è un pezzo di carta quello che tiene insieme le persone.
Lei faceva storia dell’arte, viveva ad Amsterdam, vicino ai musei. Abbiamo avuto due figli, Simone e Sebastiano. A mia moglie non ho mai detto quelle belinate come ‘ti amo’. Andavamo in giro per il paese e ci tenevamo per un dito. Era tutto quello che serviva. Erano altri tempi, negli anni in cui eravamo più allo sbando con mia moglie per un tot fregavamo l’acqua dalla casa di sotto. Era la villa abbandonata del generale Ferrari, ai tempi del fascismo era uno che stava in alto, l’ho visto in tante foto insieme a Mussolini.
Gli ultimi 16 anni della sua vita li abbiamo passati in giro per ospedali, le dicevo sempre: “Non vuoi proprio perdertene neanche una di malattia eh!”
È mancata l’anno scorso. Ogni giorno, gli ultimi mesi della sua malattia finale, le ho scritto una poesia. Nei miei libri le illustrazioni sono dai miei quadri, la maggior parte li ho fatti quand’ero giovane.
Il mio primo libro si chiama “Munterussu vei e ancò”, Monterosso ieri e oggi.
Una s’intitola “Sentuquaranta scaìn”, che era il numero di scalini che dovevo fare per andare a casa. Uno dei lussi della gioventù. Adesso vivo al piano terra, davanti a un muro a secco e una piana di limoni.”