
12 Apr Anselmo

Manarola
“Ho 84 anni. Non ancora, anzi, tra qualche mese. Sono diventato sordo a due anni.
La legge fascista impediva ai sordi e ai disabili di frequentare la scuola. Ma la mia maestra mi prese lo stesso, di nascosto.
Poi andai in un collegio per sordi: fu lì che imparai davvero a leggere. Li vedi tutti i libri in questa casa? Sono tanti. Molti li ho letti mentre mio padre era in Germania, internato nel lager di Glachau. Ogni tanto ci scriveva una lettera dove ci diceva che stava bene, che voleva rivederci. Mi chiamava ‘Anselmino’. Poi è riuscito a scappare, ed è tornato a piedi fino a Bolzano, dove ha trovato poi un passaggio in camion fino a Parma.
Ho iniziato a fare il sarto a 25 anni, l’ho fatto per 13. La vedi questa camicia? L’ho fatta io. È bella vero? E poi dura decenni.
Gli ultimi anni ho lavorato in ospedale. Non sono mai stato sposato, ho vissuto con mia madre fino alla sua morte. La mia casa è sempre stata questa, e ora ospita un museo. Non so più qual è la casa e qual è il museo.
Nel tempo libero ho sempre curato le vigne. Quando ho iniziato a fare la vendemmia io non c’era ancora la monorotaia. Si faceva tutto a mano. Con i filari l’uva si rovina, col vento sbatte e gli acini perdono il loro sapore.
L’uva nasce per stare sul pergolo, libera di muoversi. Il Vermentino buono e lo Sciacchetrà si fanno così, non c'è altro modo.
Bisogna avere pazienza, nelle cose. Nella vita”.